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in una serie di esilaranti episodi, il film racconta la nascente e sfrenata passione dei fan per il maggior fenomeno musicale del XX secolo: dai balli shake alle lunghe capigliature ondeggianti, dalle camicie con colli ampi come vele ai dialoghi surreali... tutto questo sono stati i beatles e il loro pubblico.
a hard day's night è uno dei più bei film musicali della storia del cinema e certamente una pietra miliare della generazione pop.
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A hard day’s night.
Una lunga giornata di lavoro. Pronunciò Ringo Starr un giorno. E la frase divenne il titolo del film di Richard Lester sui Quattro giovani favolosi.
Film prettamente iconografico costruito intorno al clamoroso successo che I Beatles ebbero fin dal loro esordio, ma anche uno dei più bei film musicali della storia del cinema, anche per il British Film Institute che lo annovera tra i cento film più belli della storia del cinema.
Nel 1964, anno di realizzazione del film, i Quattro di Liverpool erano, nonostante il loro recente esordio, all’apice della loro carriera. Lester, li segue in una serie di esilaranti avventure che fanno da contorno ad una loro esibizione in televisione, preparando il pubblico all’imminente uscita dell’omonimo album, A Hard Day’s Night, appunto. Improbabili travestimenti, orde di ragazzine urlanti e scatenate, stanze di hotel, palcoscenici; tutto questo è si veicolo promozionale ma anche altro. Lester, talento irrequieto, usa in modo anomalo la macchina da presa e sceglie il bianco e nero, rendendo l’opera ibrida, duplice.
Ricerca commerciale pop e consapevolezza di realizzare qualcosa di artisticamente rilevante. Ovvero, marketing e humour british, leggerezza e critica scanzonata e anticonformista sull’ipocrisia di una società bacchettona che I Beatles in primis contribuiranno a sgretolare.
L'immagine dei Beatles comincia da qui, da un film che codifica un linguaggio, un nuovo modo di filmare il rock, lontano anni luce dagli spot allungati a film con protagonista Elvis Presley.
Curiosità: durante tutto lo svolgimento del film la parola Beatles non viene mai pronunciata; Phil Collins, all’epoca ancora adolescente, appare per pochi attimi tra il pubblico che assiste al concerto. |