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the art of rap. il documentario diretto da ice-t, uno dei padri dell'hip-hop, cantante, rapper, attore, doppiatore, produttore discografico, indaga origini ed evoluzione del rap.
come è passato dalle strade delle periferie alle vette delle classifiche? come nasce un pezzo hip-hop? esiste il rischio che questo genere stia diventando eccessivamente pop e perda la sua forza? gli inediti ed appassionanti incontri di ice-t con i maggiori rapper del passato e del presente, tra i quali eminem, run-dmc, snoop dog, kanye west, afrika bambaataa, rispondono in maniera avvincente a queste domande.
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“Quello che so è che l'hip hop richiede abilità. La capacità di un grande dj, la bravura di un grande breakdancer, lo stile di un grande graffiti writer o il sapore e la tecnica di un MC di talento... Ho sempre considerato il microfono la mia arma, le mie munizioni sono la mia intelligenza, e il mio calibro la mia cadenza e il movimento. Questo non è un gioco, questa è l'arte del rap. “
Con questa riflessione Ice-T chiude il documentario da lui diretto e co-prodotto (perché il rap gli ha salvato la vita) che analizza l'hip hop attraverso una serie di interviste con alcune tra le più autorevoli voci della scena: Kanye West, Common, Redman, Dr. Dre, Joe Budden, Afrika Bambaataa, Ice Cube etc etc . Un totale di cinquantaquattro artisti uniti da uno motivo comune: spiegare il significato del rap, ognuno secondo la sua personale visione. Dalla East Coast (ovvero New York, dove si concentra la maggior parte del film perché è lì che è nato il genere) alla West Coast, passando per il Midwest, Ice-T e i suoi interlocutori vanno a fondo della questione, espongono teorie, tecniche, esperienze, aneddoti, segreti del mestiere, rivelano chi li ha ispirati, improvvisano rap mettendosi a nudo di fronte alla camera per la prima volta, forse, nella loro vita. Si scopre così che un giovanissimo e inesperto Lord Jamar dei Brand Nubian provò a rimare sulla pista strumentale, che allora si chiamava do it yourself version (versione fai da te), di "The Breaks" di Kurtis Blow, senza riuscire a mettere insieme una sola rima. Che Eminem scrive testi complicati perché per lui il rap è come un puzzle in cui incastrare le parole. Che secondo Marley Marl il rap non è rispettato come il jazz o il blues perché non c'è collaborazione tra gli artisti ("hai mai sentito B.B. King combattere contro un avversario... o Chick Corea parlare male di quel fottuto nigger?"). L'impressione è che se non ci fosse un personaggio come Ice-T dall'altra parte del microfono, ma un giornalista - per quanto preparato - gli intervistati non si sarebbero sbottonati tanto. Ma il regista/intervistatore fa le domande giuste e crea la giusta atmosfera, che sia in strada, in uno studio di registrazione, in una palestra, in un parco, in cucina o in una villa a bordo piscina. Le immagini che scorrono , insieme ai pezzi della notevole colonna sonora, lungo i binari della metropolitana del ghetto newyorkese, dal Bronx ad Harlem, fino alla malfamata e ormai celebre 8 mile di Detroit, e si incaricano di raccontare le origini dell'hip hop e dei suoi maggiori portavoce. Lasciato fuori qualsiasi tipo di polemica (che sia su testi violenti, sulle morti o sulla misoginia) The Art of Rap si alza per difendere i propri diritti e chiede rispetto. Perché come dice Grandmaster Caz dei Cold Crush Brothers: l'hip hop non ha inventato nulla, ma ha reinventato tutto. |