documentario sullo straordinario pianista jazz italo-francese michel petrucciani, affetto da una grave malattia genetica che ne impedì il corretto sviluppo fisico ma che non riuscì a fermare una strepitosa carriera mondiale conclusasi nel 1999 per una morte precoce. ci sono biografie che sono sceneggiature cinematografiche già scritte. e con la vita di petrucciani, pur breve (36 anni), si potrebbe tirar su una saga. tante donne, storie vere e inventate, un protagonista maestoso nonostante la piccola statura. quel metro d’uomo si inarcava sul pianoforte con la sapienza di un amante esperto e fantasioso - e i suoi amori giurano che lo fosse -, affrontava la vita con una fame selvaggia, conquistava il cuore degli appassionati di musica come riusciva a farlo con quelli del suo bizzarro entourage.
 

 

michael radford racconta michel petrucciani, virtuoso del jazz, pianista dal tocco irrepetibile, che ha trasformato il destino ingrato che lo ha fatto nascere con una malattia genetica invalidante in un'occasione di applicazione appassionata alla tastiera e di espressione totale di sé. francese, affetto da osteogenesi imperfetta e nanismo, figlio di un padre che lo crebbe nel mito di art tatum e dei grandi classici del jazz, michel a 13 anni era già un prodigio in grado di lasciare ogni pubblico e collega di stucco e a 19 si trasferiva a big sur, arruolato nel quartetto del sassofonista charles lloyd.


esuberante, desideroso di gustare la vita fino all'ultimo, girò instancabilmente il mondo assaporandone i cibi, le droghe e le donne senza freni. vendette un milione e mezzo di album, suonò per il papa, sopravvisse a charlie parker e morì a 36 anni, a new york, per non essersi risparmiato mai nemmeno per sbaglio.


il lavoro di radford è biografico, lineare e non riserva sorprese. si affida con successo all'istrionica personalità di petrucciani e al piacere che lui stesso traeva dal ripetere la propria storia, attento agli aneddoti, sottolineando gli incontri. il materiale di repertorio racconta un mondo dorato e dannato dall'interno, senza filtri, mentre la musica, ovviamente sempre presente, non è però il centro dell'interesse del regista, che sceglie di non staccare gli occhi dall'uomo, ma anche dalle donne di petrucciani, quelle che hanno accettato il colloquio, che sono generose nel rievocarlo, anche e soprattutto quando non si astengono dal ricordarne il lato difficile e arrogante.


il film racconta un personaggio che ha corteggiato e consumato gli eccessi per tutta la vita in modo assolutamente moderato, decisamente più classico che jazz.

 

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